[Streaming] WERTHER

Giovedì 12 e Sabato 14 NOVEMBRE 2020 ore 20,30
[Streaming] WERTHER

Werther, ispirato al romanzo “I dolori del giovane Werther” di Goethe, è tra le opere più amate di Jules Massenet. Nell’opera il compositore cerca di riproporre musicalmente il tratto più saliente del romanzo, ovvero le angosce del personaggio principale, paradigma di una sorta di esistenzialismo ante litteram.  Nella musica e nel libretto, che in parte “tradiscono” lo spirito del romanzo, ampio spazio è dato al personaggio di Charlotte, addolcendo così la profonda solitudine di Werther, caratterizzato da un profondo lirismo vocale che accentua il suo dilaniamento interiore.

La regia  dello spettacolo è firmata da Stefano Vizioli  diplomato al Conservatorio di Napoli, Direttore del Teatro Verdi di Pisa.

Dirige l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali Francesco Pasqualetti diplomato in pianoforte e in composizione nei conservatori di Lucca e di Firenze; si è perfezionato in direzione d’orchestra alla Royal Academy of Music di Londra con Sir Colin Davis, all’Accademia Musicale Chigiana di Siena con Gianluigi Gelmetti e all’Accademia Musicale di Stresa con Gianandrea Noseda.

In scena i quattro finalisti della 71a edizione del Concorso As.li.co per Giovani Cantanti Lirici d’Europa: Gillen Munguía nel ruolo di Werther, Karina Demurova nel ruolo di Charlotte, Alberto Comes nel ruolo del Borgomastro (La Bailli) e Maria Rita Combattelli che interpreterà Sophie. Insieme a loro, Guido Dazzini (Albert), Nicola Di Filippo (Schmidt), Filippo Rotondo (Johann), Andrea Gervasoni (Brühlmann) e Luisa Bertoli (Kätchen). Il cast vede inoltre la partecipazione del Coro delle voci bianche del Teatro Sociale di Como diretto da Lidia Basterretxea.

 

L’opera Werther,  che era prevista in cartellone prima della chiusura , sarà visibile nelle date corrispondenti al calendario della Stagione Fraschini . Lo spettacolo sarà disponibile online dalle 20.30 del 12 novembre  fino alle ore 24 di sabato 14 novembre.

La messa in scena è fruibile gratuitamente su www.operalombardialive.it

LA TRAMA

Atto primo

Sophie, secondogenita del Borgomastro, aiuta la sorella maggiore Charlotte nei preparativi per il ballo che si terrà la sera stessa. Tra i partecipanti c’è Werther, un giovane gentile e malinconico destinato alla carriera diplomatica, che il Borgomastro presenta alla figlia maggiore. Mentre tutti sono al ballo, Sophie rimane sola a casa e viene raggiunta da Albert, il fidanzato di Charlotte, che fa ritorno da un lungo viaggio. Sophie lo rassicura circa la serietà dei sentimenti provati dalla sorella nei suoi confronti. I due si congedano e rientrano Werther e Charlotte: il giovane le dichiara il suo amore, ma la ragazza gli parla della promessa, fatta alla madre sul letto di morte, di sposare Albert. Werther, pur affranto dall’idea che la giovane sia destinata a un altro uomo, non si oppone.

Atto secondo

Nella piazza di Wetzlar i fedeli si avviano in chiesa per la celebrazione delle nozze d’oro del pastore. Giungono anche Albert e Charlotte, sposi da tre mesi, e gli amici brindano alla loro unione. Werther, che assiste in disparte alla scena, viene raggiunto da Albert che è a conoscenza dei sentimenti del giovane. Albert gli dichiara la sua stima per aver rinunciato a Charlotte. Sophie, innamorata di Werther, lo invita invano a danzare il primo ballo della festa. Il giovane vuole parlare con Charlotte e la attende vicino alla chiesa per dichiarare nuovamente il suo amore: la giovane lo prega di dimenticarla e di allontanarsi per qualche tempo perché ormai appartiene ad Albert. Sophie invita di nuovo Werther ad unirsi ai festeggiamenti e il giovane la respinge in malo modo annunciando di voler andarsene per sempre. A questa notizia la ragazza scoppia in lacrime e racconta l’accaduto ad Albert, che comprende che l’amore di Werther per la sua sposa è ancora vivo.

Atto terzo

È la vigilia di Natale. Charlotte, inquieta e mossa dai sensi di colpa, rilegge una lettera di Werther mentre Sophie le domanda se sia triste a causa dell’assenza del giovane. Charlotte non riesce a fingere di fronte alla sorella e scoppia a piangere. Inaspettatamente, giunge Werther, che è tornato per Natale e non è riuscito a cambiare i suoi sentimenti. Durante la lettura di alcuni versi di Ossian le ruba un tenero bacio, ma dopo questo fugace momento di abbandono la donna fugge rinchiudendosi nella sua stanza. Werther lascia la casa: ora sa che non ci sarà mai felicità per lui. Poco dopo invia un biglietto ad Albert per chiedere in prestito le sue pistole, con il pretesto di un lungo viaggio. Charlotte presagisce la verità sulla richiesta e, non appena sola, si precipita a casa di Werther.

Atto quarto

La notte di Natale. Charlotte trova Werther morente nel suo studio. All’udire la sua voce, il giovane si rianima per un ultimo istante, giusto in tempo per chiedere perdono e invocare una serena sepoltura. Charlotte riesce a confessargli la verità: ammette di averlo sempre amato e si rimprovera di aver sacrificato i veri sentimenti a un giuramento. Werther spira felice di questa confessione mentre in lontananza si odono le voci di Sophie e dei bambini che celebrano il Natale.

Estratto dalle NOTE MUSICALI di Francesco Pasqualetti

(…) nel Werther di Massenet molto spesso accade  che l’orchestra canta una melodia e che i cantanti in scena l’accompagnano, probabilmente mi prendereste per pazzo, ed io rischierei di essere frainteso. Eppure, ci crediate o no, Massenet in quest’opera utilizza esattamente questo schema. Ribalta ciò che per definizione è la scrittura d’opera e soprattutto, lo fa sempre nei punti più importanti. È come se l’orchestra dicesse o cantasse ciò che con la voce non è più permesso dire. Ciò che a voce non si può dire.

È una melodia che viene da dentro, da sotto, da un luogo nascosto come una buca d’orchestra, nascosto come nell’anima. Che sia, quella melodia, la voce dell’anima? Che sia la voce d’un’anima, che cerca la strada per essere, di nuovo, ascoltata? Ma sto correndo troppo. Una tale, macroscopica, inversione dei ruoli, necessita una qualche spiegazione in più. In primis una motivazione ovvia, strettamente stilistica.

Massenet finisce di comporre il Werther nel 1887, dopo anni di scuola di bel canto e di melodia spiegata, è comune a tutti i compositori del periodo cercare altre e nuove forme di scrittura musicale. Anche per la musica di Puccini si utilizza spesso il termine di “canto di conversazione”, ovvero una forma intermedia tra l’aria e il recitativo, in cui si canta parlando, in cui la melodia si forma e segue la parola.

(…) Ma Goethe scrive il suo Werther negli anni 70 del Settecento. Siamo nel pieno dello splendore del Regno di Luigi XVI e di Maria Antonietta. La rivoluzione è ancora lontana. Avete presente come andavano vestiti gli uomini di quell’epoca? Avete mai immaginato che un uomo vestito con abiti Luigi XVI possa pensare di suicidarsi, per amore? Massenet nelle sue lettere insiste più volte sulla necessità di avere abiti in stile Luigi XVI per il suo Werther. Già dalla sua prospettiva di uomo di fine Ottocento, l’abito, come immediata espressione di una cultura e di un modo di vivere, è un dettaglio significativo. Werther è forse il primo uomo a “spogliarsi” di quell’abito, è forse il primo “mito” di una nuova epoca. E l’epoca che apre è senza dubbio l’epoca che tutt’oggi, nonostante tutto, viviamo. Il vero protagonista della vicenda è citato nel libretto solo una volta. Non è Werther. Ha un nome ben preciso. Si chiama Destino.

Werther e Charlotte si amano. È chiaro a tutti fin dalla prima scena. Perché allora non possono amarsi? Non lo sanno neanche loro. Possono vedere solo che il Destino ha stabilito così, per loro. Nella nostra epoca contemporanea viviamo abbagliati dal mito positivista del “se vuoi, puoi” “se ci provi, avrai successo” col corollario che, se non hai successo è solo colpa tua, perché non ci hai provato abbastanza. Siamo tutti figli della nostra volontà di potenza. Questo pensiero ci stordisce e ci abbaglia. Se davvero vogliamo, possiamo tutto!

Il mito che ha segnato l’inizio della nostra epoca invece, ci parla d’una impotenza radicale dell’uomo davanti al Destino. Ma l’uomo contemporaneo, del Destino, così come della voce dell’anima, ha quasi perso la memoria.

NOTE DI REGIA di Stefano Vizioli

Quando mi hanno chiesto di scrivere le note di regia per Werther sono sparite dal vocabolario usuale le parole visione, concezione, interpretazione, un’afasia di lessico mi ha contagiato davanti al foglio bianco, le domande interne invece erano piuttosto altre: riusciremo a farlo? ritorniamo veramente a lavorare dal vivo? e la scena del bacio? e il bacio negato e restituito del terzo atto? e i bambini che giocano? insomma come faccio una regia in periodo Covid? E se mi ammalo durante le prove? Chi un po’ conosce la mia storia registica sa quanto sia fondamentale il contatto fisico, il linguaggio del corpo come veicolo d’espressione del canto, e quanto l’interprete debba considerare il proprio il corpo come il migliore amico, e non l’ostacolo che porta alla letale affermazione “devo cantare quindi non posso muovermi”, ancora troppe volte ripetuta in sede di prove.

(…)Con Emanuele Sinisi abbiamo immaginato un grande foglio bianco accartocciato in alto da una mano nervosa, un foglio che talvolta accoglie parole che si compongono e scompongono, macchiate da un inchiostro che scola, diventa lagrima o sangue, un tentativo scenografico di rapportarsi allo stile epistolare della fonte originale tedesca, poca attrezzeria e la forza del gesto, un gesto “da periodo Covid”, sperabilmente coerente alla verità dei sentimenti dei personaggi.

Il lavoro con il gruppo Imaginarium completa con immagini evocative in movimento alcuni punti topici della partitura, lo stile asciutto caratterizza i costumi d’epoca di Anna Maria Heinreich, non so cosa verrà fuori con tutti i limiti imposti da questo mortificante periodo, quanta frustrazione, o quale improvvisa fortunata soluzione alternativa, raccogliamo dunque la sfida, è proprio nella difficoltà che vanno colte opportunità e soluzioni meno prevedibili ma spero stimolanti e altrettanto poetiche, ma ho scritto delle note di regia piene di domande e con assai poche risposte.